Re: Giochi di ruolo
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Data: Sat, 3 April 2004 - 19:52
Quanto segue è uno spaccato di un'intervista fatta presso il Centro Studi Farmaco-tossicodipendenze, Az. Usl di Parma. Gli intervistati sono uno psicologo ed un farmacologo.
La diffusione del "giochi dl ruolo" tra gli adolescenti, nell'età della
difficile ricerca personale, è estremamente preoccupante e dovrebbe
suscitare interrogativi non banali negh adulti. L'impiego di questo
materiale riguarda un gran numero di giovani, a diversi livelli di
coinvolgimento psichico ed emozionale, con conseguenze sul comportamento che
non è semplice valutare.
Certo non è sensato liquidare il problema sbrigativamente, considerando
questa, al pari di altre, la moda legata ad una effimera sottocultura:
troppo evidente è la difficoltà degli adolescenti del nostro tempo a pensare
un proprio futuro, a riconoscere la propria identità sostanziale, a
polarizzare l'esistenza rispetto ai sistemi dei valori, per sottovalutare
strumenti "ricreazionali" che proprio con l'identità inducono a giocare.
E ancora la diffusione di disordini psicologici e comportamentali che
includono la ricerca delle "sensazioni forti"', al di fuori di un quotidiano
grigio, la incapacità a distinguere tra reale e virtuale, la povertà di
percezione e comunicazione delle emozioni suggeriscono la possibile
corrispondenza ambigua di questi "giochi alle patologie sociali emergenti.
L'ambientazione dei giochi include, nella migliore delle ipotesi, il mondo
magico, del mistero, pieno di incantesimi, maghi, fate, elfi, guerrieri
mitici; tematica classica lo scontro tra il guerriero buono e il potente
malvagio: l'adolescente respira una mentalità fatta di destini ineluttabili
e di insormontabili maledizioni, si immedesima in una cornice piena di
ultra-poteri e di mitologie che pongono ristretti limiti alla libertà della
persona.
Nei casi peggiori, e molto frequenti, l'ambiente dei glochi è quello dei
mostri, dei vampiri, dell'horror più cruento, dell'occulto e dei riti
iniziatici. Si va dagli amuleti stregati all'immedesimarsi nel divorare
carogne e al rivivere di cadaveri: un supermercato del sacro, dell'"aldilà"
e del sacro-satanico non lontano dal modo di pensare che conduce ad aderire
a gruppi o sette di questo settore.
Il bravo giocatore è quello che sa immedesimarsi meglio nel ruolo prescelto
o assegnato; viene molto apprezzato per le soluzioni intelligenti, per le
risorse personali che sa tirare fuori per districarsi nei passaggi più
difficili del gioco: i giochi di ruolo sono per gente "smart", intelligente,
brillante, astuta che guarda dall'alto in basso chi si accontenta degli
spaghetti, della fidanzata e della vita reale: un cimento per uomini un pò
"superiori", o che comunque presto nel gruppo stabiliranno una gerarchia di
"superiorità" in base alle capacità e all'intuito. Si afferma così
l'atteggiamento mentale che, attraverso un "cammino di perfezionamento",
consentirebbe alla persona di raggiungere grandi risultati, ignorando limiti
e relazioni interpersonali: è l'ottica utilizzata nei percorsi delle sette
del "potenziale umano".
Il fatto più inquietante è che la metodologia di tali giochi presenta forti
assonanze e probabilmente una origine comune con modalità utilizzate
all'interno di particolari forme di psicoterapia di gruppo: in questo ambito
il terapeuta, conducendo il gruppo utilizza l'assunzione di ruoli per i
pazienti, al fine di far emergere aspetti interiori inespressi, facilitare
l'introspezione, rimuovere inibizioni, suggerire strategie di cura e
ottenere effetti catartici.
Diviene impensabile che strumenti così delicati, utilizzati da terapeuti
abilitati, nei limiti di ben precisi vincoli deontologici, e con competenze
specifiche, vengano impiegati in modo aspecifico, dati in pasto, attraverso
dettagliatissimi "manuali", a chiunque li acquisti.
Il leader naturale di un gruppo dl adolescenti verrà dotato, attraverso il
gioco, di approfonditi elementi metodologici per indurre altri nei ruoli
previsti dal gioco stesso: il manuale gli suggerisce tutti i fattori
necessari, gli atteggiamenti, i comportamenti, il modo di sentire e di
pensare: le sue capacità carismatiche verranno ampliate da questa
"dotazione" senza che alcun riferimento etico sia garantito: si vede con
facilità il rischio dell "instaurarsi di dipendenze e sudditanze, di
prevaricazioni e strumentalizzazioni che esulano dalle normali dinamiche di
un gruppo adolescenziale.
La cosa diviene ancor più seria se si considerano i tempi del gioco: non si
tratta di incarnare il ruolo di un personaggio fantastico per una o due
sere, ma per molti mesi di seguito: occorre immaginare come ci si sente
rivestendo il carattere del killer, del vampiro, della vittima, dell'
irnpiccato o dell'oste menzognero per 12 - 18 mesi.
"Il gioco migliore - ci ha detto con entusiasmo uno dei giovani coinvolti -
è quello che non finisce mai, che dura tutta la vita" : un immedesimarsi che
sostituisce irreversibilmente il ruolo fittizio e condizionato alla persona
e alle sue scelte.
Il leader del gruppo diviene un "master" un coordinatore-facilitatore che ha
il compito di condurre il gioco: di solito personalità "dominanti", ad
elevata autostima, forte determinazione, spunti di tipo
narcisistico-istrionico assumono il ruolo di master; questi soggetti
tradiscono una forte aggressività rivolta verso gli altri, ma la capacità di
controllare i pari senza prevaricazioni aperte o cruente.
I soggetti alla ricerca di identità, piu attratti da prospettive ideali, che
trovano disattese nella società reale, con caratteri di fondo non lontani
dal pattern depressivo, o con personalità passivo-dipendente, si adattano al
ruolo di giocatore e ricevono punto per punto dal manuale le informazioni
necessarie alla definizione di sè: come devono essere "fisicamente", come
sentirsi psicologicarnente, quali atteggiamenti assumere: un vero e proprio
stato di dipendenza può instaurarsi nei confronti del master: "Tutto dipende
dalla bravura del master - ammette un giocatore di diciotto anni - se ci sa
fare il gioco diventa straordinario" ; il ritorno ad una realtà senza ruoli
predefiniti e senza guida può essere disorientante.
Il master racconta: è la voce fuori campo, il filo conduttore, il narratore,
tra le pagine di un libro, che dà colore agli avvenimenti, ai luoghi, ti fa
entrare nelle situazioni. Può essere più o meno direttivo, svolgere il ruolo
di un semplice "facilitatore" o suggerire con autorità incondizionata il
canovaccio su cui i giocatori costruiscono la loro parte. Permette di
scegliere i personaggi o li assegna a seconda delle caratteristiche dei
giocatori: anche in questo caso un ambito ricreazionale di apparente libertà
si trasforma in luogo di stigmatizzazione, nell'assegnazione di "etichette"
che, della persona, pretendono di esaurire le potenzialità in modo rigido e
riduttivo.
Il gioco è tutto mentale, non fisico, non agito: le paure o l'impatto con la
concretezza, con la vita misurabile, con "l'alterità" degli altri senza
mediazioni sono rimandati a un futuro senza definizione; il virtuale fa da
ricettacolo per la sensazione di inadeguatezza a relazioni interpersonali
"vere"', fatte anche di accettazione dei propri limiti e dei problemi degli
altri.
Le conseguenze di quest'immersione nel virtuale, che si estendono alla vita
di tutti i giorni, hanno proporzioni non valutabili. I rapporti sessuali al
di fuori della coppia stabile sono liberati da 'fastidiosi sensi di colpa"
se avvengono in conseguenza dell'assunzione di un ruolo per gioco: la
violenza o i comportamenti autodistruttivi non sei tu che li agisci, ma il
tuo personaggio che ti è rimasto "appiccicato" addosso, quindi sono resi più
giustificabili.
Il gioco "Vampire", ambientato tra creature della notte, non-morti o
morti-viventi, definisce del vampiro i caratteri fisici, psicologici,
attitudinali, "vampirici" e gli ultra-poteri: pregi e difetti del
personaggio che emergeranno nelle varie partite e che consentiranno
l'assegnazione di punteggi negativi o positivi.
Un pregio del vampiro proposto agli adolescenti è l'inappagabile desiderio
di uccidere, un'altra caratteristica presentata come positiva è la "duplice
natura", la natura ambigua della creatura vampirica, divisa in se stessa. Un
tipico difetto del vampiro è rappresentato dagli incubi notturni che
lasciano strascichi la notte successiva rendendo più difficili le azioni nel
gioco: non si richiede la competenza dello psichiatra per comprendere a
quali gravi forme di destrutturazione della personalità ci si possa trovare
di fronte in seguito a queste "innocue assunzioni di ruolo; quali percezioni
distorte di sè possano essere indotte.
Se da un lato la violenza e l'ambiguità, il sangue e l'onnipotenza sono i
fattori determinanti comuni di queste trame, dall'altro una vera e propria
esplicitata intenzione all'esplorazione dell'insight, del sè profondo, è
oggetto di specifici glochi.
Sul gioco Kult c'è scritto: "Pericoloso: questo gioco conduce ad esplorare
aspetti oscuri della tua anima; questo può arrecare disturbo a qualcuno:
vietato ai minori di anni 16" : quale sia la finalità di sintetizzare
aspetti profondi di sè all'interno di un gioco non è facile intuire: certo
l'aspettativa di un feeling interpersonale non superficiale, nelle dinamiche
di gruppo, si va affermando sempre più e la stessa aspettativa è espressa
dai consumatori di pastiglie nelle discoteche, i derivati anfetaminici
definiti, proprio per il loro ruolo "'entactogeni".
Questo conoscersi fino in fondo ed esprimere agli altri la propria identità
sostanziale risponde da un lato ad una esigenza positiva, ma c'è da
chiedersi come mai debba essere mediato, nel nostro tempo, dal gioco o dai
farmaci: ancora ci si deve interrogare riguardo ai limiti e alle violazioni
degli stessi nell'ambito di una strumentale "divulgazione"' della propria
intimità.
"Ah, certo" - dice il commerciante - "Se poi qualcuno ha difficoltà
personali, e interpreta le cose in modo autodistruttivo, non dipende certo
dal gioco" : anche in questo caso la società adulta abdica alla
responsabilità di tutelare proprio le persone più fragili... Un mondo di
gente "'solida" e sicura che prevede di generare per certo figli stabili e
incondizionati: un mondo di "vincitori" che non hanno tempo per i perdenti e
i falliti!
Da ultimo va rilevato che l'impiego di sostanze psicoattive, in particolare
le metamfetamine e le incontrollabili nuove generazioni di stimolanti
sintetici, si sposa perfettamente con le esigenze dei partecipanti al giochi
di ruolo: queste droghe aumentano, durante l'effetto acuto, l'energia,
l'intuito e la concentrazione, ma contemporaneamente conferiscono
disinibizione associata ad un blando distacco dalla realtà: niente di meglio
come veicolo per migliori livelli di immedesimazione nel ruolo fantastico,
per affievolire ancor più i confini tra verità e sogno, nella apparente
valorizzazione della propria "smartness" (lucidità, intelligenza). E,
d'altro canto, proprio le alterazioni biochimiche cerebrali indotte
dall'ecstasy e dalle droghe analoghe, con le associate turbe del tono
dell'umore e dell'identità, potranno, all'interno di un circolo vizioso,
indurre di nuovo alla dipendenza da relazioni interpersonali esclusivamente
inquadrate attraverso le regole dei glochi di ruolo.